Isole percorse: DON KHONG, DON SOM, DON DET, DON KHON
Ultimi giorni in Laos. Ed è la primissima volta che il percorso di un’intera giornata (di due giornate, ad essere precisi) è tutto su sterrato. Si alternano tratti di strada ghiaiata, a terra battuta, a collinette di sabbia da dover scavalcare spingendo le biciclette a mano. Pedaliamo in piccoli e stretti sentieri di campagna, affiancando a volte lussureggianti risaie, e affrontiamo ponticelli di legno traballanti. E per di più, dobbiamo prendere numerose banchette per passare da un isolotto all’altro.
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Ci immergiamo in questa meravigliosa natura, e siamo entusiasti di vivere queste ultime tappe così avventurose. La fatica viene ripagata dall’accoglienza delle persone, dallo sguardo incredulo dei più anziani e dalla vivacità irrefrenabile dei più piccini. Tutti sono contenti di vederci.
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Impariamo ben presto che “falan” vuole dire “straniero”.
(Il termine “farang” – pronunciato poi “falan” per la loro difficoltà a dire la lettera r – è stato coniato nel 1600 circa durante la colonizzazione francese, e identificava le persone dalla pelle bianca, e quindi “lo straniero bianco”)
Si sparge la voce che stiano arrivando in villaggio dei “falan”. Li sentiamo urlare “Falan! Falan! Falan!” a centinaia di metri di distanza. E i bimbetti escono dalle case, ci corrono incontro e battono il 5 al nostro passaggio. È emozione pura! È energia pura! ☀️🙏😊
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I nostri occhi si riempiono di polvere, e bruciano col sudore, ma sono ricolmi di meraviglia. La nostra pelle è ricoperta di sabbia, e viene dolcemente accarezzata del vento laotiano tipico del sud. Le mani ci fanno male a dover tenere saldo il manubrio, ma non hanno mai battuto così tanti 5 come in questi due giorni.
Sono gli ultimi “sabaidee” e ci si stringe un nodo in gola. È difficile dover salutare questo Paese. Ci ha donato tanto, davvero tanto.
Ma ogni volta che la malinconia si fa sentire, ripetiamo sempre che ci torneremo ancora! ❤️